Treno

T ramonta adesso la luna sul R ovescio del mondo. Mentre qui,  non E’ ancora sceso, il sole sugli occhi. N ottetempo, è attesa di partenze, verso O niriche stazioni di stelle binarie. (Sogni in treno)   Anita Cappellini Foto di Angelo Pisani

Un ricordo d’infanzia, o forse solo un sogno

Stavo camminando accanto a mio padre, di questo sono certo. Forse ci tenevamo per mano, ma ne dubito. Il buio era calato all’improvviso, in maniera precoce, senza crepuscolo, e ogni pianta, ogni foglia, si era tinta di cupo. Procedevamo assieme, fianco a fianco, come se stessimo cercando qualcosa di importante, muovendo i passi sull’erba pregna
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Coincidenze notturne

rimbalzo di piogge invisibili spezzate da traiettorie di passi odore di asfalto bagnato sopra i vestiti dentro le ossa tracce di spezie bruciate dal giorno nei tubi vuoti di neon tra maglie di serrande abbassate il grido inarrestabile degli uccelli disperso in un cielo nero fa il solito coperchio alla processione dei notturni che scambiano
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L’occasione

Questa è la storia di un’attesa. Quanto lunga, non so dire, ma sicuramente è la storia di un’attesa stravagante. Quando ero una ragazza immatura e testarda, spesso lei non c’era. Avevo i capelli sempre in disordine e mi curavo poco, ma l’aspettavo. La immaginavo giungere lì davanti, per me. Non telefonava e non scriveva, ma
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Colla

Cosa ti frena? Dice “Niente!”. E mi porta via. Strappa tutto. È come colla. Spalmare i sogni contro l’universo è una pratica difficile ma adesso riesco e ne vale la pena, ho la sua forza, urla e fischia forte, alza la pressione e imprime contro le pareti del cervello il movimento e la direzione esatta
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un uomo un cappotto e il freddo di contro nulla si smuove lungo la linea ferroviaria dov’è la città più bassa che in centro un uomo un cappotto ed un treno scorre notturno sulle rotaie per pochi stanchi cappotti che guardan di fuori lasciando che passi un uomo che sale un altro cappotto un sedile
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