Se mai dovessi
– fingendomi poeta d’altri tempi –
disegnare i contorni della mia immagine
riflessa nei tuoi occhi,
vedrei un pugno azzurro di polvere
che sbiadisce nel contrasto della tua pupilla
allargata come le soglie di un abisso,
piccola scatola fabbricata dalle tue mani
– pulite e senza vanità –
dove nascondi un groviglio di sorrisi ed abbracci ostinati,
confidenze non corrotte dal chiaroscuro degli anni,
e passi che lasci credere sempre uguali
sulle linee d’una geografia di stanchezza
tracciata da parole abusate e da pensieri in forma di silenzi.
Cadono, Alice, queste parole
come la neve sui monumenti e sulla fretta indifferente di una grande città,
e sono anch’esse polvere
che posandosi si accumula
tra gli interstizi di una scaffalatura da retrobottega o da biblioteca,
relitto di un tempo forse consumato in anticipo,
come il capriccio del tuo orologio avanti di dieci minuti,
non so se per riparare ritardi
o per un vizio di complicità con le apnee di un impreciso metronomo,
dove un dilettante prova e riprova esercizi stonati
senza stile né soluzione, spreco
retorico di non chiara leggibilità, anch’essi polvere
come sul mio nome il nome di un altro.
Mario Cianfoni
Foto di Todd Hido