“Si sente che non sai più cosa dirmi”

Me lo dice mentre immagino che la faccia è sempre la stessa. Le parole invece diventano sempre più profonde e penetranti.

Se non abbiamo luce a mostrarci entrambi, non possiamo capire del tutto la questione.

Io resto muto, le parole si spostano, scappano e non si lasciano prendere, come a giocare a non farsi toccare. Io resto fermo e la lingua si vergogna di chiedere fiato ai polmoni. Si nasconde dietro gli incisivi inferiori subito dopo aver deglutito la frase e la faccia di lei.

Un cucchiaio di cannella senza altro, a mandar giù una nuvola di sabbia e gesso, dal colore “do(lo)rato”.

Il tempo non cura i nostri mali ma li manda a galleggiare altrove, in attesa che altri se ne rendano conto, nella pesca infinita delle loro brutte abitudini.

Chi si sdraia prima perde punti.

E lei pensa, anche tanti.

Chi si sdraia prima però cerca un margine alla versione, ai fatti, andati bene, andati male e che ancora devono andare.

Chi si sdraia prima magari è solo stanco e vuole riposare.

Chi si sdraia prima magari si lascia solo cadere, cercando di farsi prendere e sostenere, nel gioco dove insegnano la fiducia, dove si impara a credere prima ancora di aprire gli occhi.

E poi.

Respiro, quattro quarti con il silenzio.

E poi, un tarlo, un tarlo inizia a lavorare, unico lavoratore in una dura madre da resettare. L’unico a tenere fede e sperare che si può 2

tornare, aspettando e senza morire, che morire non conviene a nessuno quando ci si vuole.

E allora lo lascio andare.

Aspetterò se c’è da aspettare e ascolterò se c’è da ascoltare, anche quando dice che lo sente arrivare, che il mio silenzio sembra grave.

Ho tentato invano e non so bene da dove ripartire ma parole ne troverò, ne ho sempre trovate e da lontano le giuro che ne dirò anche di nuove, magari subito dopo essere riuscito a darla in pasto, nuovamente, a tutti i miei sguardi.

E allora anche lei, senza chiamarlo più silenzio, mi dirà di lasciarlo andare.

Massimiliano Gasbarra

Foto di Alessadro Comandini