Luna, lo sai

Io in questa città non ci voglio abitare e lo scrivo su un foglio di un diario che non voglio aprire mai più.
Lo scrivo con la penna sulla pelle che conosco, sulle righe che mi hanno illuso e salvato.
Io non voglio abitare nessuna città, nessun luogo, nessun corpo.
C’è stato un tempo in cui, nel bosco, le fiabe delle ossa risuonavano dolci.
C’è stato un luogo, un uomo, una storia.
C’era, quella volta, la mia vita unita ad un’altra.
Lì, su quella collina, le mie labbra hanno catturato l’aria innocente e i miei occhi hanno accettato le albe più dure, quelle in cui ci si deve coprire con le braccia, le gambe, la schiena e le unghie.
La nostra collina, in quelle sere, è stata l’unica casa che ho accettato e i suoi occhi, i soli amanti che ho desiderato.
La passione delle nostre mani cambiava le stagioni.
Noi cambiavamo tutto.
L’inverno e l’estate.
C’era la nebbia e subito dopo la pioggia.
E poi la neve e il caldo insopportabile.
C’era la brina sulle foglie dei nostri alberi.
E poi il sudore ghiacciato sulle nostre nuche.
Lui, la mia musica, e io sdraiata su quel cielo che avevamo scelto di difendere, insieme.
Su quel manto di cristallo e seta blu gli ho donato la mia vita, il mio tempo, il mio spazio.
Ho perso, per quelle notti, tutte le mie coordinate.
Oggi, senza di lui, io, non vivo più.
Io, oggi, in questa città non ci voglio abitare
e maledetta sarà la mia anima
se la banalità di questi asfalti mi catturerà
se i confini di queste mura mi imprigioneranno
se le coperte mi proteggeranno dal freddo
se la mia vita sarà vissuta comunque, senza di lui.
Io
che sdraiata sul cielo

ho conosciuto il mio cuore.

Lorenza Ventrone

Foto di Carmen Palermo

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