Di solito i compagni di viaggio si scelgono. Io scelgo il Dove o il chi ma raramente con chi. Porto me e questo già mi sembra una presenza ingombrante.
Anche questa volta ho scelto un bagaglio enorme. Non so rinunciare alle camicie e ad un numero infinito di calzini, tutti uguali e diversi fra loro, ma rigorosamente appaiati , come gli innamorati o il Dna.
Ho scelto anche da chi andare e chi salutare. Ma chi doveva sedermi di fianco no.
In realtà ti avevo invitato a far con me questo viaggio, ad aiutare me a liberarmi da alcune antiche zavorre dell’anima. Avevo Bisogno che Colapesce respirasse per un po’ pirma di tornare in apnea, che Chiscotte la smettesse di combattere contro i mulini a vento e che io avessi te con cui far riposare l’anima.
Mi hai sorriso, ma oggi son sola. Son sola col tuo sorriso che si è forzatamente posato sul mio.
Allora presto il fianco al fato ed ecco che al mio fianco( quello reale) si materializza una ragazzina col profumo di donna non ancora sbocciata, dalle labbra fiorite su un viso ancora acerbo e liscio, che non conosce rughe o acne. Un giovanissimo angelo di Lyon che dorme e mentre dorme sorride. Io…io la guardo e sorrido: abbiamo le stesse scarpe e quasi trent’anni a separarci. Lei è la me del passato.
Stringe un libro tra le mani quasi a temere un furto malandrino. Ha capito che possiede un tesoro. Io ho capito che la bellezza circonda, discreta e silenziosa, ogni attimo.
Guardo dal finestrino e lascio che i pensieri si perdano in questo nostrano meridionale Kanyon. Penso, spero, che il pensiero di te, di noi che fummo, di noi che forse saremo, di noi che siamo già state, si incastri tra questo brullo e aspro deserto di rocce.
Aspro come te, brullo come te, essenziale come te, dove ogni imperfezione è perfetta. Qui ogni collina, ogni sasso, ogni magro ramo è nel giusto posto. Dio, o chi per lui, ha fatto un buon lavoro.
Continuo a guardar fuori dal finestrino e a guardar dentro te. Mi sento un gastroenterologo della tua anima. Mi hai consegnato la mappa senza che te la chiedessi e adesso io mi perdo. Mi perdo in me, che conosco da sempre ma capisco da mai.
Dodici ore di viaggio in pullman non sarebbero facili nemmeno con Freud accanto ad aiutarti a sciogliere nodi cosi fastidiosi, figuriamoci con una ragazzina e la sua nuca, la tua nuca.
La tua nuca, dove avevo scritto un nuovo destino che a te non è piaciuto.
Giovane fanciulla sconosciuta, tu scrivi il tuo destino e mettici tutto il coraggio che alla tua età è ancora imprudenza. Lo stesso che ci metterò io ad attraversare questo mare il cui orizzonte ha un limite, non tende all’infinito. Se sarò brava come Gesù a camminare sulle acque e a raggiungere la meta, forse capirò se la vita è reale o una illusione.
In fondo si tratta solo di saggia ammirazione…di sogni e illusioni, che sono i viaggi migliori.
Nadia Pistillo
Foto di Luigi Ghirri