Matrioske

Chiara torna a casa con il rumore dei passi e la luce dei lampioni. Ha appena salutato i suoi compagni delle elementari: una serata trascorsa a contare rughe e a raccontare vent’anni di vita in una cena. All’inizio temeva nel rivederli. Perché il tempo passa, le persone cambiano e poi chissà con chi ci si ritrova a versarsi il vino, e forse alla fine è meglio il ricordo, pulito e intatto. Ma poi Chiara li ha visti e ha riconosciuto, in ognuno, un modo di inclinare la testa, una risata: qualcosa di familiare, una costante. La sua ombra sul marciapiede le fa pensare che siamo delle matrioske. In ogni fase della vita abbiamo messo su uno strato diverso dal precedente. Siamo diventati matrioske dubbiose con i brufoli, arrabbiate con i piercing, col pugno alzato e col pugno abbassato, matrioske lavoratrici con le occhiaie, con bimbi e cani. Ma dentro, sotto molti strati, la bambolina iniziale è sempre la stessa, quella bambolina che ha riconosciuto stasera negli adulti che aveva davanti, quella che non cambia. Chiara entra in casa in silenzio, infila la chiave piano per non svegliare suo padre. È stato operato da poco, ha vissuto con lui la tensione per l’intervento, l’insofferenza della convalescenza, la smania di tornare a prendere in mano le proprie abitudini, fossero anche solo quelle di un pensionato che ama andare al bar. “Chissà com’era papà alle elementari” si chiede. Ma poi schiude la porta, lo vede dormire nella penombra e si rende conto di saperlo già.

 

Serena Ciriello

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