Hai una voce molto fastidiosa che ti parla nella testa. Dice che hai tanti capelli a proteggerla, a te sembrano pochi. Ti fanno sentire come se avessi qualche centimetro in più, sarebbe un bene se il mondo non fosse programmato per i bassi. In piedi, davanti allo specchio, tracci i tuoi contorni con lo sguardo. Li conosci al punto da non riuscire più a guardarli. Sei tu che guardi un adulto che guarda te con aria delusa.
Abiti all’interno di quattro mura che danno vita ad un palazzo, una villa forse, una casa comunque. In un quartiere povero, pieno di immondizia ovunque o forse in uno molto benestante, pieno di spazzatura in ogni angolo nascosto. La tua città è grande, lo era per i tuoi occhi da bambino, ora che stai crescendo ti sembra sempre più piccola. La tua regione non l’hai mai considerata fino in fondo, troppo vicina, troppo ripetitiva, ti sentiresti a casa ovunque eppure non conosci neanche la metà dei paesi che ti circondano. Non ci sei mai stato ma sai che esistono. Stanno lì, immobili, da tempo hanno perso la possibilità di espandersi e conquistare i paesini vicini. Dello stivale, sai che è uno stivale strano, contorni indefiniti che lo appiccicano ai piedi di un’Europa grassa e piatta che ci pesa sul groppone troppo spesso.
Tutto il resto è offuscato e dall’altra parte del mondo, in un posto lontano e indefinito. Dall’altra parte del mondo c’è l’America, c’è la Russia, il Giappone, l’Australia, il Polo Nord e il Polo Sud, insomma sia quello abitato che l’altro. Il un immenso mucchio di terre che sta “Dall’altra parte del mondo” ci sono tutti loro, più tante fantastiche isolette paradisiache che prendono vita solo nelle foto di chi ci va in vacanza o in terrificanti immagini al tiggì. E intorno il mare. Quello che vedi dalla finestra che si apre su una delle quattro mura in cui vivi, lontano, una striscia blu all’orizzonte che segna il confine tra te e il mondo. Tra te e l’altra parte del mondo, quella in cui vorresti essere, spesso, per vedere come ti guarderebbe l’adulto nello specchio.