Sangue del suo sangue

Niccolò era sangue del suo sangue, eppure Giacomo l’avrebbe preso per il collo. Non sopportava che passasse i pomeriggi disteso a letto, fissando il soffitto. Era convinto che la sua fosse pigrizia, ma Chiara, la sua ex moglie, dava la colpa al divorzio. Diceva che il ragazzo era in una fase delicata, che era fragile. Giacomo continuava a vedere un adolescente svogliato che andava male a scuola, rubava dal portafoglio della madre e, se aveva degli amici, nessuno sapeva chi fossero. Secondo lui un po’ di sana disciplina avrebbe risolto digiuni e musi lunghi, perciò voleva che Niccolò lavorasse nella fabbrica di famiglia durante le vacanze estive. Lo avrebbe messo ad incollare suole di scarpe per otto ore al giorno, costringendolo ad indossare una divisa colorata, a tagliarsi i capelli e a togliersi quel ridicolo smalto nero dalle unghie. Ne avrebbe parlato con Chiara di lì a poco, quando sarebbe andato a prendere Niccolò per il fine settimana.

Mentre guidava verso quella che un tempo era stata casa sua – la casa in cui era stato felice, in cui aveva dato vita ad una famiglia e poi l’aveva distrutta – , Giacomo aveva cercato di immaginarsi la reazione della sua ex moglie. Era sicuro che avrebbe bocciato la sua proposta, ma stava per essere sorpreso.

È una buona idea – gli aveva detto.

Sicura?

Ti dico di sì.

Quindi gli diamo la notizia?

Tu gli dai la notizia.

Non posso credere che tu voglia farmi passare per…

All’improvviso la sua voce era stata coperta da un tonfo. Giacomo aveva pensato subito che la libreria del corridoio si fosse staccata dalla parete, ma salendo le scale l’aveva trovata al suo posto. Aveva controllato le altre stanze, senza scoprirvi niente di strano, poi si era diretto verso la camera di Niccolò. Stava per abbassare la maniglia, quando aveva avuto una specie di presentimento e aveva esitato. Chiara, alle sue spalle, lo aveva spinto via, facendo irruzione nella stanza. Il corpo esile di suo figlio era riverso a terra, avvolto nei suoi abiti neri, in mano stringeva una boccetta di pillole vuota. Giacomo, immobile sulla soglia, fissava il fiotto di sangue che sgorgava dalla fronte squarciata di Niccolò. Doveva essersi ferito cadendo a terra, incosciente. Chiara urlava, tastava polsi, infilava dita in gola, mentre Giacomo non riusciva a fare altro che osservare quel sangue giovane e caldo che scivolava via dal corpo esanime del suo unico figlio. Era rosso, vivo. Era il sangue del suo sangue e non sarebbe dovuto stare lì, a inzuppare la moquette.

 

Giulia Zorat

Foto dal web

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