Jekyll

Il vuoto di una stanza.

Il legno scuro di una sedia.

Tu.
Siediti.

Il luccichio di uno specchio. Un riflesso.
Il tuo. Sei tu.

Ci sei tu su quella sedia. Comincia a sembrarti scomoda, vero?

Guardati. Non distogliere gli occhi da quello che vedi.
Stai stringendo involontariamente i lati della seduta. Sento il rumore delle dita quando si stringono con forza attorno a qualcosa. Infastidiscono.
Cos’è quell’inquietudine che ti attraversa? Eppure quel riflesso non dovrebbe farti paura. Sei tu, no?

Continua a fissarti. Non abbassare gli occhi. Stai diritto con la schiena. Immobile. Non parlare. Non emettere suoni.
Cos’è quel respiro affannoso? E perché quelle gambe dondolano? E quelle labbra socchiuse? Taci.

Ora ascoltati. Ascolta il tuo corpo. Tutto quel turbamento autoindotto. Non starai mica impazzendo?
Eppure, sei arrivato al punto che i tuoi stessi occhi ti fanno tremare. Com’è perdersi in sé?
Stai fermo e ascoltati.
Ascoltami.

Ascoltati.

E ora dimmi: cosa ti urleresti in faccia?
Perché è questo che vuoi; parlarti come non hai mai fatto, no?
Aspetta. Aspetta fino a quando non riesci a respirare. Batti. Soffia. Aspetta. Aspettati fino a quando a parlare non sarà che il tuo riflesso.

Ma sarai ancora tu? E se non ti riconosci? Mio piccolo Hyde.

Ora mangiati. Ascoltati. Anzi mangiati mentre ti parli.
Sputa parti di te mentre ti vomiti addosso quello che non ti sei mai voluto dire. Sii cannibale dei tuoi pensieri. Masturba la tua mente fino a sentirne il succo. Fai uscire il frutto della tua angoscia.

Avvicinati a quello specchio e conta le gocce di sudore. E conta anche tutte le lacrime che stanno uscendo senza controllo.
Da quanto tempo non ti dedicavi così tanto a te? Eppure sei solo tu davanti a te stesso. Ti riconosci? No?
Piangi e urla.

Urla!

Urlati contro. Urla fino a perdere la voce.
Usa le ultime forze per rompere in mille pezzi quello specchio. Confina in un piccolo punto tutta la tua rabbia.

Rompiti!

Succhiati il sangue dalla mano.
Accarezza ogni frammento di te. Concediti parole dolci. Ed una ninna nanna. Cullati.
Succhiati le ultime gocce di sangue. Ricuciti. Respira. Canta. Calmati.

Calma.

Ed ora dimmi: in quale pezzo ti riconosci? Ti sei trovato?
Raccogliti. Mettiti in tasca.

Ed ora vattene. Prendi quella porta e ributtati nella mischia.
Ma fai finta di niente.

Avanti un altro.

 

Denise Dina

Foto di Marco Lupo

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