È loro l’esordio nel mondo.
Impercettibili, sono l’apparato prensile di un girino, ancora bagnate di liquido amniotico.
Alla luce del sole, la prima luce dopo millenni di oscurità, cercano di aprirsi, in un movimento automatico e difficoltoso.
Cosa le distinguerebbe da un abbozzo, minuscolo, di pinna se non milioni di anni di evoluzione concentrati in pochi mesi?
Non l’acqua, ma l’aria è il loro elemento e la terra, sostanza della quale sono composte.
Si scompongono in filamenti di ossa, sempre più grandi e divengono una bussola perfetta, inumidita dalla saliva, per orientarsi nell’ignoto.
Altrimenti come scoprirebbero il tuo volto?
E il freddo del ghiaccio?
E il bruciore del fuoco?
E la morbidezza della pelle di chi si ama?
Potrebbero altrimenti scoprire la rigida violenza di uno zigomo rotto?
O la durezza della fatica che un dio nascosto aveva pronosticato?
Se una forza inaspettata le inonda, presto le abbandona.
Altrimenti come imparerebbero il tempo?
Ammaccate, macchiate. Non pinne, ma strumenti di un animale unico, e perciò solitario.
Si sfilacciano più spesso, rami senza foglie.
Come una volta, non riescono più ad aprirsi, immerse in un buio millenario, forse liquido.
Sarà loro un nuovo esordio nel mondo?
Marcellino Iovino
Foto di Angela Marano