Cosa avrei dovuto fare. Mentirgli?
“No, non è stato al lago.”
Ancora non era convinto. Mi scrutava in cerca di un indizio, come se questo avesse potuto comparire sul mio viso da un momento all’altro. Lui amava analizzare le situazioni. Io lo sapevo e lo lasciavo fare. I suoi occhi verdi dipinti su un viso serio a perlustrare ogni minimo segno su di me.
“Quindi è successo prima!”
“Vuoi che te lo dica?” gli avevo proposto. L’aria del parco era calda ma piacevole. Una leggera brezza accarezzava gli alberi e le persone, ammaliandoli.
Si sistemò per bene sulla panchina, così da guardarmi meglio. Si schiarì la voce. “No, ci voglio arrivare da solo.”
“Bene…”
Un bambino aveva preso a urlare e correre. Il padre giocava a ricorrerlo.
“Al concerto!”
“Sbagliato.”
“La prima volta che ti ho baciato!”
“Sarei banale.”
Fece una pausa sbuffando. Mi prese la mano e la strinse. Si avvicinò ancora di più a me. Sorrisi fingendo di guardare altrove, e lui se ne accorse. Involontariamente, gli stavo dando un indizio.
“Possibile che io non sappia quand’è che hai capito che ti piacevo?” chiese. Lo zampillio dell’acqua della fontana a cadenzare il ritmo dei suoi pensieri. Quel leggero venticello a tormentarli.
Mi voltai verso di lui. “È stato quando ho potuto fidarmi di te…”
Ancora nessuna espressione sul suo viso. Aspettava che io continuassi.
“Non ricordi? Raggiungevamo quel posto in montagna. Pioveva. Stavamo correndo per non bagnarci…”
Finalmente sul suo volto comparve il sorriso che stavo aspettando. Il suo sorriso… Aveva capito. Strinse ancora di più la sua mano alla mia. Le nostre dita intrecciate in un incastro perfetto.
“…tu avevi persino deciso di lasciare la giacca in macchina. Avevo insistito affinché tu la prendessi ma non c’era stato verso di convincerti. Così, andavamo a passo spedito sotto quella pioggerella. L’uno accanto all’altra. Non sapevamo esattamente dove andare. Credo che importasse poco…”
Fissava le nostre mani giocandoci, con quel sorriso ancora ben delineato sulle labbra al ricordo di quella sera.
“Tu mi hai sfiorato velocemente le dita, preso la mano e sussurrato: “Posso tenerti per mano?” Ero rimasta sorpresa. Ti ho risposto: “Non sarai uno di quelli che chiede il permesso!” Mi hai guardato e detto: “Sì. Sono uno di quelli.” Lì ho capito che mi piacevi sul serio. Che potevo avere fiducia in te. Ancora oggi, ogni volta che prendi la mia mano e la stringi, torno a quel momento e ricordo esattamente cosa mi ha colpito di te. Ricordo quanto mi piaci. Perché con te ho imparato che stringere la mano non è solo un gesto. È avere fiducia.
Elia Di Fabio
Foto di Benedetta Lippi