Avevo finito le scuole superiori, quelle che mi erano state concesse perchè in realtà avrei voluto seguire un’altra specializzazione ma i miei non erano disposti a pagarmi lo spostamento nella regione in cui c’erano le materie che mi interessavano.
Comunque a scuola finita ho ricominciato a seguire il mio sogno, ad interessarmi di quella (all’epoca) nuova crescente branchia, Sono testardo.
Cosi infine riuscii tramite conoscenze ad accedere ad un corso privato a Roma. In realtà era una vera schifezza ma accontentava tanti miei desideri di quel momento. Sarei andato via di casa un po’ di tempo (finalmente!), mi sarei allontanato dai luoghi in cui vivevo ad ogni angolo il dolore di un perduto amore. La naja tardava a chiamare ed ero in quel limbo tra scuola e lavoro. Riuscii a convincere mia madre ad aiutarmi a partecipare a quel corso. Trovò tramite suoi parenti, una stanza a trastevere dove avrei potuto dormire, a pagamento.
Tra le prime cose che feci una volta arrivato andai a cercare un amico che avevo saputo era di leva proprio nella capitale. Aspettai la libera uscita fuori la caserma e non il primo giorno ma in uno dei seguenti tentativi (non esistevano i cellulari) lo beccai.
Grandi abbracci e risate sui rispettivi lunghi capelli che avevamo lasciato tagliare e via, ovviamente a bere qualcosa! Un buco di osteria vicino la stazione centrale. Luogo scarno e intriso di odore di pessimo alcool. Non costava nemmeno poco un litro ma riuscimmo a berne tre, a stomaco vuoto. Ubriachi.
Ci trasciniamo nel buio di quel pomeriggio invernale ridendo su tutto e le luci della città, i rumori ed i volti in giro erano fantastici. Stanchi approdiamo in una piazza con una fontana e dei giardini rotondi. In una delle panchine un nonnetto vestito di nero e con le basette lunghe leggeva un breviario. Ovviamente ci sedemmo vicino a lui. Antonio (nome inventato) che era con me era completamente sfatto. Sbiascicammo qualche parola con l’anziano che sorrideva ma non staccava gli occhi dal suo libercolo scritto in ebraico.
Antonio doveva pisciare e così fece. Rimanendo seduto si tirò fuori dalle brache il minimo necessario e iniziò a pisciare a fontanella, con questo getto verticale e zuppandosi irremediabilmente. Io ridevo senza fiato e l’anziano sospirava ormai.
Qualcosa andò storto. Fummo notati da un personaggio che apparve dal buio vestito in giacca e cravatta camminando in fretta con un radioricevitore in mano “che fate? chi siete? fermi!” ovviamente scattiamo in fuga.
Gira qua, là presto; torniamo tra le stradine a senso unico affollate dei dintorni della stazione per confonderci con la massa. Seminiamo il tizio ma ci rendiamo conto che delle volanti arrivano con i lampeggianti accesi ai due lati della stradina “separiamoci!”.
Perdo Antonio.
Mi imbuco in un supermercato entrando dall’uscita. Riesco su un’altra strada, giro e una volante mi si ferma al volo davanti. Fuga nelle stradine in contromano. Sento seguirmi di corsa a piedi. Giro, portone con un ragazzo che sta entrando, lo spingo entro con lui e chiudo. E’ fatta.
Fiatone, giramento di testa e di palle “scusami” faccio al giovane che mi risponde in spagnolo. Mi giro e mi accorgo di essere in un androne in penombra con una scalinata per accedere ai piani superiori.
Ci sono almeno una ventina di ragazzi tra africani e altri apparentemente sudamericani seduti sulle scale che mi guardano nel silenzio improvviso a seguito della mia incursione. “scusate…sono…inseguito”
“polizia?”
“eh?..no, eh…si”
“mettiti qua in mezzo a noi”
Mi arranco e appena seduto mi calcano un cappello di lana, in un tutt’uno si spalanca la porta a seguito di una spinta. Fa irruzione un losco figuro in divisa, affannato, si guarda attorno, guarda nel mucchio e va via senza fiatare. E’ fatta.
Faccio per alzarmi ma mi ferma una mano. Un ragazzo vicino il portone esce e rimanendo sull’uscio spalancato si accende una sigaretta guardando ai due lati e dopo qualche istante fa un cenno con la testa. Mi alzo, restituisco il berretto e “grazie, grazie non so come…” – “vai, ciao”.
Sono passati trent’anni. Grazie a loro ho conosciuto la fratellanza di strada. Dare senza chiedere. Sei perdonato a prescindere.
Grazie.
Marco Lupo
Foto di Roberto Coluzzi