La notte del 30 novembre del 1609, Galileo Galilei cominciava a puntare il suo cannocchiale verso l’alto e scopriva un nuovo cielo. Osservava, esplorava, imparava a vedere con quel nuovo strumento appena costruito. Guardava alla Luna «ricoperta in ogni parte di grandi prominenze, di profonde valli e anfratti», proprio come la superficie della terra, e si accorgeva che non c’era alcuna differenza tra i corpi terrestri e quelli celesti; vedeva un numero di stelle «non mai scorte prima» e allargava le dimensioni dell’Universo; osservava Giove e scopriva i suoi satelliti. Faceva il primo passo verso la scienza moderna. Dei cannocchiali che Galileo usava per le sue osservazioni ne sopravvivono oggi soltanto due e sono conservati a Firenze, al Museo galileiano. Delle scoperte fatte con il cannocchiale ci resta il Siderus Nuncius, l’avviso astronomico con cui le aveva annunciate, pubblicato a Venezia nel marzo del 1610. Ci resta la parola. Cannocchiale è il termine usato dallo stesso Galileo nel momento in cui descrisse la fabbricazione del nuovo strumento, unendo i nomi delle due componenti utilizzate nella sua costruzione: cannone, che esisteva con il significato di ‘tubo’ nel comune uso tecnico anche prima di Galileo, e occhiale, la lente. Ben presto si diffuse anche la denominazione Telescopio per indicare lo stesso oggetto: ma quel nome, greco e cólto, non fu coniato da Galileo, che pure lo utilizzerà nei suoi scritti successivi. Galileo, infatti, evita di introdurre una terminologia troppo cólta, evita di usare il greco e il latino. Preferisce recuperare termini già in uso e assegnare loro significati nuovi, quando mancano parole per nominare concetti appena introdotti o oggetti di recente invenzione, proprio come il cannocchiale: perché quando Galilei sceglie di scrivere in italiano, laddove era ancora il latino la lingua della scienza, si trova davanti alla necessità di creare un linguaggio nuovo, il nostro linguaggio scientifico. La sua scrittura, semplice, chiara, contrassegnata dalla sua abile capacità descrittiva fa di Galileo uno dei nostri più grandi scrittori: il livello di divulgazione delle sue opere è altissimo. Scegliere l’italiano, nel ‘600, significava decidere di parlare a tutti gli uomini capaci di intendere e non solo a tecnici e scienziati. Quello che oggi è scontato fu allora rivoluzionario.
di Veronica Della Vecchia
FOTO: TOMMASO DE VECCHIS