Che cossè l’amor

Quando avevo 16 anni la mia amica Paola conobbe un ragazzo ad una delle attività extrascolastiche con cui ci ammorbavano, tipo un club di matematica. Lui era all’ultimo anno. La mattina, dal nostro banco, lo vedevamo entrare e correre fino alla sua classe, sempre in ritardo e con gli occhiali storti sul naso. A ricreazione, Paola organizzava i suoi 15 minuti d’aria in: 5 minuti per la sigaretta, 5 minuti di Radio Rita, la bidella impicciona, e 5 minuti per incontrarlo nel corridoio, chiacchierarci, e tornare in classe al suono della campanella con la faccia della beatitudine. Aveva riempito il nostro banco con il suo nome scritto in elfico, circondato di cuori, o con uno stile goffo che anni dopo avrei associato al Comic Sans.
Lo amava?
Sì, da morire: quando parlava di lui le tremava la voce.
Forse: a volte a ricreazione si scordava di lui, assorbita dai pettegolezzi di Radio Rita.
No, per niente: il giorno che lo vide con un brufolo sulla fronte, Paola dichiarò il suo amore finito per sempre.
Per tutto l’anno scolastico, agli occhi di Paola era il ragazzo più intelligente della scuola, o era uno stronzo perché non l’aveva invitata alla maratona Star Wars, o era il marito ideale con cui immergersi sotto un piumone Ikea gonfio d’amore, e Paola continuava a cancellare, riscrivere e ricancellare il suo nome sul banco. Lui che ne pensava? E chi lo sa. A giugno fece la maturità, si iscrisse a Ingegneria e sparì dalle nostre vite. Io guardavo Paola, che adesso andava dietro ad un altro, e mi chiedevo cosa fosse l’amore, e perché l’avesse fatta stare in quel modo. Immaginavo che una volta adulte avremmo trovato un equilibrio, e avremmo saputo esattamente in che direzione far andare i nostri sentimenti, facile facile.
Mi sbagliavo?
Sì, da morire.

Serena Ciriello

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