Io sono tua- un filo rosso.
Tu sei mio- un filo blu.
Andiamo intrecciati come vene
Senza più poterci divaricare.
Iniziare migliaia di storie
E non trovare un finale clemente,
Conoscere la fuga a menadito
E raccoglierne i resti col pane.
Soffrire strizzati in un corsetto,
Ammettere senza ingoiare,
Respingere senza scartare,
Annichilirsi di parole brute.
Io sono noi- superba magnolia.
Tu sei noi- splendido baobab.
Fioriamo nel giardino dell’estasi
Per poi ammalarci d’autunno.
Dondolare i rami tra raggi di luna,
Nuotare nel lago gelido dell’esperienza,
Rimanendo senza fiato,
E poi contare nuvole sottili.
Accettare la furia della semina
E aspettare la quiete del racconto,
Ardere, sfiorire, mietere, contraddire
E danzare nei cicli e nei miti.
Io sono radice di terra
E tu ansa di fiume,
Bramiamo di nutrirci
Delle nostre componenti elementari.
Annusare la tempesta,
Raccogliere il tramonto tra le dita,
Vagare per asfalti sterminati,
Brillare di alcolica purezza.
Fluire ora e sempre in divenire,
Celebrando la sostanza,
Liquefarsi nel mattino,
Accarezzando nudità.
Io sono mia- è l’altro inizio.
Tu sei tuo- è l’altra verità.
Emigriamo senza patria
In anime incorrotte da veleni.
Inorgoglire la schiena,
Appendere la cura nei gesti,
Disarmare la paura,
Attivare occhi nuovi.
Essere tuono e tamburo,
Nutrire di minestra
Il nostro benedetto soliloquio
Ed estinguerne la sete.
Io sono ciò che sono.
Tu sei ciò che sei.
Spogliata di ogni orpello,
Ci resta una sola luminosa scorza.
Francesca Castro
Foto di Franco Mammana
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