Quanto dura un istante? Se lo era sempre chiesto poiché quello strano lasso di tempo continuava a sfuggire ad ogni tentativo di quantificazione oggettiva. Lo aveva messo in relazione con i minuti, i secondi e poi con i frammenti di ora o di giorno, ma il paragone non reggeva. Certe volte, specialmente nelle brevi giornate invernali, tra un’alba incerta e un tramonto cupo, aveva avuto l’illusione di poter cogliere il senso esatto dell’istante, ma si era trattato solo di illusioni, appunto, sparite con la stessa velocità con la quale si erano presentate e senza lasciare tracce evidenti come effimere stelle cadenti. Era stato così da quando i primi pensieri si erano infiltrati nei giochi e nelle persone che gli volevano bene, negli spazi segreti dei sogni e delle paure. Era ancora avvenuto durante il tempo dei corteggiamenti, delle passioni, e del piacere: violenti guizzi di energia, scariche elettriche, scosse telluriche ingovernabili che toglievano fiato e paura. Era accaduto quando aveva visto il viso imbronciato di suo figlio, appena venuto al mondo, che respirava stupefatto lacrime e aria o quando la morte si era intrufolata negli affetti senza farsi annunciare oppure aveva colpito con lo stesso silenzioso rigore dopo avere incomprensibilmente indugiato tanto a lungo. A volte la concretezza dell’istante era emersa negli occhi di persone sconosciute, incontrate in qualche paese lontano, e poi svanite nell’oblio.
Claude O’Neil fissò il soffitto immacolato, dove lampeggiava un tenue riflesso violetto, (l’ultima cosa che i suoi occhi avrebbero percepito) e ritornò con la memoria alla prima cosa che ricordava di aver visto: una luce azzurra profumata di gelsomino che danzava vicino al suo lettino. Comprese allora che tra quei due lampi di luce fosse racchiusa tutta la sua vita. Un istante tra due piccoli lampi.
Claudio Leoni
Foto di Alan Marcheselli