Londra, 29 anni, due anni e mezzo all’estero.
All’età di ventuno anni, Gabriele sentiva il respiro spezzarsi mentre il suo cuore accelerava. Spesso irrompeva su di sé una sensazione di stranezza che mescolava ansia e paura. Viveva in un piccolo paese dove i giorni scorrevano l’uno uguale all’altro, scanditi da abitudini consolidate. Fino a quando, una mattina, Luca lo incoraggiò a partire e a raggiungere Londra in sua compagnia. Gabriele non ci pensò troppo e accettò l’invito. Doveva capire se quella sensazione improvvisa di panico che lo invadeva era dovuta a un problema che nascondeva persino a sé stesso o al contesto in cui abitava. Riempì la valigia di buoni propositi e in volo raggiunse l’aeroporto di Stansted. Era il 29 novembre del 2010, Londra si preparava al Natale, mentre Gabriele si preparava a un nuovo inizio. Dopo diversi mesi trovò lavoro come lavapiatti in un ristorante messicano. Un mese e mezzo dopo fu trasferito in cucina e da lì a poco diventò responsabile del locale, fino ad arrivare a cucinare per l’ambasciatore messicano.
Gabriele assorbiva la città, ne seguiva il ritmo. Camminava con un passo che diventava sempre più svelto e che lasciava indietro quella sensazione di paura che non si presentò più nella sua vita. I suoi passi veloci lo allontanavano dal piccolo paese di origine anche se il proprio pensiero era rivolto alla sua famiglia e soprattutto al nipote che gli chiedeva se davvero abitasse dentro il Big Bang.
A Londra Gabriele sentiva di aver trovato il suo posto, parlava in inglese, pensava in inglese e, soprattutto, sognava in inglese. Dopo due anni e mezzo, a causa di screzi lavorativi, tornò in Italia, nel piccolo paese in cui è nato, ma che ora affronta con un ritmo diverso. Gabriele cammina veloce, non vuole fermarsi, ha capito che tutto può stare al suo passo.
Foto dal web