Lei che a tratti sapeva chi era, dove si trovava e chi fossero le persone che aveva attorno.
Lei, la stessa che dimenticava i nostri nomi, che confondeva le parentele e che parlava di persone e fatti accaduti da tempo.
Lei, sempre più sopraffatta dal pianto e dalla depressione.
A volte consapevole e triste per il peso della sua condizione e per quello lasciato in eredità a chi se ne prendeva cura.
Lei che però bastava prenderle e accarezzarle dolcemente la mano e tutto passava.
Lei che nonostante tutto riusciva a dirti: “Tu sei speciale!”.
Lei che grazie al calore di chi l’amava, poteva attenuare anche solo per un attimo il grande dolore di quella grande e oscura malattia chiamata Alzheimer.
Un male che le soffocava l’esistenza, senza dar tregua a quel che restava della sua memoria.
A mia nonna Paolina
Veronica Mochi