Quello da Poker era il mazzo di carte che preferiva, gli ricordava le sere d’inverno, le vacanze di Natale passate a giocare con gli amici di una vita, tra un sorso di Whisky e uno di Amaro nella sua città di mare. Era un sabato qualunque di un qualunque Febbraio quando decise che con quelle carte avrebbe potuto giocare anche con lei, anche se non era Natale, anche se in quella città, Roma, il mare non c’era. «Figurati se sono capace a giocare a Poker! Io, che so a mala pena le regole della Briscola!» gli rispose Bea con la voce di chi aveva soltanto paura. Paura di perdere o forse di perderlo. «Però con queste carte potremmo iniziare a costruire. Costruiamoci un castello. Sono cinquantadue. Ventisei a me, ventisei a te». «Proviamoci», rispose lui, mentre teneva nella mano destra un pacchetto di sigari Toscano ancora da scartare, pronto ad accenderne uno.
Avrebbero potuto mescolare le carte che restavano e continuare a giocare. Lei ne aveva ancora quindici tra le mani. Non sapeva se fossero di più i semi rossi o quelli neri. Non sapeva quale carta avrebbe scelto di posizionare in orizzontale sopra al suo Fante di Fiori e alla sua Regina di Quadri. Non importava. Sapeva però che la carta che avrebbe tenuto per ultima, per metterla in cima, sarebbe stata il suo Asso di Cuori.
Avrebbero potuto: condizionale passato, come le condizioni di Vincent, quelle che fecero crollare il castello che Bea avrebbe voluto continuare a costruire. Il castello dei loro destini incrociati.
Veronica Della Vecchia