Linee invisibili

Nella cultura occidentale le colonne d’Ercole rappresentano simbolicamente il limite, la linea di demarcazione tra il mondo conosciuto e le terre inesplorate. Più che un luogo geografico identificavano la frontiera del mondo civilizzato, la rappresentazione di discontinuità oltre la quale nessun mortale osava spingersi. L’idea è mutata nel corso dei secoli: con Ulisse il fine era quello di dimostrare che l’uomo poteva conoscere più di quanto Dio gli permettesse; nell’età moderna l’intento era governare il nuovo; oggi superare le colonne d’Ercole può avere una moltitudine di significati: primo tra tutti riuscire a vedere ben oltre le convenzioni oramai consolidate, scoprire ciò che ancora non appartiene all’ecumene. Ne Le città invisibili, Calvino ci mostra invenzioni atemporali e fantastiche che servono a comprendere la complessità del mondo. Nel progetto di costruzione della città di Perinzia, si seguì la perfezione dell’ordine dell’universo ma il progetto si dimostrò errato e la città si ritrova ad essere abitata da mostri. Le ipotesi avanzate furono due: o gli uomini ignorano i propri limiti, o dobbiamo dedurre che l’universo è imperfetto. Smeraldina è invece una città acquatica, un reticolo di canali e di strade che si intersecano. I percorsi da seguire sono vari e colorati, anche per coloro che seguono abitudini consolidate, la vita non si presenta mai monotona. Le vite più abitudinarie e tranquille trascorrono vivaci senza replicarsi. Il limite che l’uomo si pone non è un muro intransitabile ma uno stimolo che ci guida nel raggiungere un nuovo orizzonte e che all’avanzare di un passo si sposta più in là. Se questi percorsi per giungere a nuove conquiste riecheggiano le strade ramificate di Smeraldina avremmo ogni giorno lo svago d’un nuovo itinerario nel transitare gli stessi luoghi.

di Elisa Massotti

 

 

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