L’altro come confine

“Tutti abbiamo vissuto l’esperienza della fine di un rapporto, lo sfaldarsi di un’amicizia o di un amore. Ma perché ci resta più difficile tracciare alcuni confini rispetto ad altri?” Oggi vediamo il confine sempre come qualcosa di negativo; il nostro tempo in generale infatti non ci ha abituato affatto ad esaltare le persone per la loro essenza individuale, al contrario ci ha portato a voler costruire sempre tutto su terreni compatti e senza linee di divisione.

Il confine nelle relazioni che finiscono è come un pendolo che si muove tra attaccamento e distacco, tra costruzione e distruzione e si esprime con l’alternarsi di tenerezza e odio verso una stessa persona. Questo continuo oscillare nei rapporti più morbosi tra due persone crea, a lungo andare, una frattura. Sintonia, fiducia e dipendenza reciproca vengono portati via da amore e odio. Questo porta poi due persone ad allontanarsi, viene costruito un muretto di rabbia e orgoglio un po’ alla volta. I caratteri cambiano, si iniziano ad avere spesso e volentieri anche crisi d’identità del tipo ‘’non sono niente senza di lui”. Ma alla fine, si sa, ci sono confini che non vorremmo varcare mai perché ci fanno paura, ma restare confinati in una stessa realtà significa restare sempre piccoli. Saper accettare il confine ci fa crescere, è segno di libertà verso qualcosa che in realtà non conosciamo.

di Michela Mastrella

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