Elsa e Lea

Come ogni mattina, Elsa alle sei in punto metteva su la moka e nell’attesa si sedeva con il gatto Brio sulle gambe; e pensava quanto fosse noiosa la vita di una vedova pensionata da più di dieci anni. Contemporaneamente a venti metri alla sua sinistra, Lea metteva a bollire l’acqua per il tè. Si chinava a dare il buongiorno alla gatta Mela e rifletteva su come fossero passati in fretta settantatré anni.

Alle sette e dieci, quasi come fosse un appuntamento, dalle due villette a schiera si aprivano le finestre che davano sui rispettivi giardini, nettamente separati da enormi vasi di orchidee. Entravano in quelle case i primi raggi di sole e uscivano i primi sguardi di rancore che l’una provava per l’altra. Poi, ognuna dalla propria dimora apriva tutte le finestre dalle quali vi era la possibilità di controllare i movimenti del nemico.

Se Lea preparava la pasta all’uovo, Elsa iniziava ad impastare gli gnocchi acqua e farina e dalle loro cucine iniziavano a battibeccare su quale dei due primi fosse il migliore. Se Elsa stendeva il bucato l’altra, a dispetto, si dedicava al giardinaggio impegnandosi ad alzare quanto più polline possibile. E così tutti i giorni. I loro gatti, però, non si erano accorti che si trovavano in uno stato di guerra. Brio in quel giorno di primavera si svegliò innamorato e con la vescica piena . Uscì di casa, svoltò a sinistra e vide Mela che rotolava a terra.

All’una in punto, le due anziane rivali uscirono di nuovo, ognuna nel proprio giardino e, muovendo rumorosamente le ciotole dei gatti, li richiamarono per il pranzo: entrambi i felini mancavano all’appello. Per la prima volta le due anziane si guardarono in modo diverso, uno sguardo che stavolta sapeva di preoccupazione condivisa. Mai prima di allora si erano immaginate così vicine emotivamente e fisicamente. Non avrebbero mai ammesso quanto la rivalità e la solitudine le avevano unite e rese l’una indispensabile per l’altra. Erano lì a pochi metri da quel confine rigido, ma vivace, dei colori delle orchidee.

Elsa tirò a sé un vaso tanto per lasciare a Lea uno spazio per avanzare e disse: “Ti va un caffè?”.

“No” rispose Lea e riprese: “Aspettami prendo un tè da casa. Hai più rughe di me comunque.”

 

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