Lui ha un vuoto dentro. A volte così ampio che sembra una voragine. Altre quasi una fessura.
Sa che non è perfetto e per questo si sente distante dagli altri. È concavo e convesso insieme; si guarda allo specchio capovolto a testa in giù, sperando di scoprire qualcosa di diverso, eppure non riesce a vedere altro che se stesso.
Sente di non essere preso seriamente, lui che dovrebbe essere sempre il primo. Così si interroga in materia di sé. Perché non esiste una zero volta? Perché conta in principio sempre la prima?
In quanto agli altri è piuttosto confuso, ma ha trovato il suo equilibro, niente dà e niente toglie. Eppure se volesse, potrebbe renderli suoi pari. Ma lui non è un tipo rancoroso, al massimo se ne separa, pone un confine, un segno che delimita la distanza tra lui e gli altri. E in questo è molto attento a porsi alla loro sinistra.
Alla loro destra invece si sente dimenticato. Nessuno lo chiamerà in causa. Eppure lui c’è. Nessun riconoscimento neanche quando si trova nel mezzo. Perché nessuno lo chiama con il suo vero nome se non quando è solo?
È consapevole di essere uno tra tanti, ma non sopporta di essere preso come termine di paragone. Molti hanno un ruolo maggiore al suo, eppure sa che sono tanti quanti hanno assunto un ruolo minore nella loro vita. Lui sa quanto vale e di certo non lo rivelerà mai. Nel suo silenzio durante la disputa decide di rimanere fermo, di rappresentare uno spartiacque tra quanti litigano nel vanto del loro valore o tra coloro che si accusano di avere un carattere più positivo o negativo rispetto gli uni agli altri. Per non parlare di quando incontra coloro che si sentono fratti, a metà, come se lui non potesse capirli.
Si sente importante solo tra chi possiede le sue caratteristiche, tra chi è uguale a lui e in lui si riconosce. Un altro sé. Se più di due posti vicini alla fine di una lunga fila allora finalmente può dirsi fiero. Vuol dire che fa parte di qualcosa di grande.
È il suo riscatto nei confronti di chi gli rimprovera di non valere niente.
Ma è uno dei pochi che arrossisce ancora, quando viene associato alla neve ad esempio, lui che è così leggero, quando viene nominato nei film di James Bond, quando indica la purezza di un elemento, di un cibo, di un tessuto.
Lui che rappresenta l’origine, che dà la possibilità di fare tabula rasa, di iniziare di nuovo da capo; lui, che aspetta qualcuno che di quel vuoto dentro ne faccia un occhiello sul mondo, non dice niente di tutto questo. È di poche parole lo zero.
di Carlotta Coluzzi