Cicatrice

Non è facile seguirti per questo sentiero. Non è mai stato facile seguirti. Basta un piede sbagliato e ti ritrovi a camminare curvo per mesi, basta un piede sbagliato e ti ritrovi un masso conficcato nel cranio. Eppure veniamo qui, ogni anno.

La macchina bisogna lasciarla prima della curva. Il resto a piedi. Per un tratto non si sente niente. Non si vede niente. Per un tratto è come camminare in un risucchio del mondo.

Non ci diciamo nulla.

A volte allunghi una mano dietro, a volte la prendo e la stringo, altre volte ti lascio andare e tu non ti volti perché la strada ormai la conosciamo.

Poi ecco di nuovo le montagne, il cielo, i boschi, i precipizi, i sentieri, le stradine di pietra, i ruderi e le poche case disabitate, il cavo che attraversa il borgo e che continua a portare la luce, il nostro tributo di civiltà, chissà perché, chissà da dove. Di nuovo il parapetto, la panca di ferro dalle gambe affondate nelle foglie marce accanto all’altalena, le masse vegetali che spuntano dai muri, tutte piegate sotto il peso della pioggia recente.

Di nuovo casa.

Stop.

Mi abbracci sulla porta. «Pensavo fossi arrabbiato», cerchi un varco tra la sciarpa e mi poggi le tue labbra che ora sono gelide e screpolate, «questo dovrebbe essere romantico. Vorrei che fosse romantico.»

«Attenta a dove cammini. Ti ricordi del gradino?»

«Certo che me lo ricordo, ho ancora la cicatrice. Quel gradino non è sicuro.»

«Tu non sei al sicuro.»

Continui a ripeterlo mentre ridi, fai la voce orsa e mi spingi.

Tu non sei al sicuro…

Tu non sei al sicuro…

Tu non sei al sicuro…

Per un attimo quasi ci credo.

 

Stefano Bonazzi

Foto di Fabrizio Mariotti

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