Gressholmen

Quando andai in Norvegia pensai di morire: il vento s’arrotolava sotto le unghie, arricciando i lembi delle magliette sgualcite e le punte bruciate dei capelli, mentre l’ordine restava incastrato nell’odore acre di un pescato che la brezza sballottolava acuta da un capo all’altro delle isole.
In lontananza un uomo accanito contro il silenzio batteva mille chiodi aggiungendo asse ad asse per la sua vecchia costruzione.Il brusio allontanava ogni sensazione d’abitato e adagiati sul mare sensazionalmente dolce, nidi di riflessi più
insopportabilmente luminosi delle apparizioni notturne.
Aperto il cancelletto, salutata la vichinga bambina che controllava i passanti,
gli occhi approdarono prosciugati su un moletto di legno e poi via, corse per
sentieri spezzati e rapimenti barbarici.  

 

Gabriele Romani

Foto di Daido Moriyama

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